Nell’ambito del Progetto Memoria, gli studenti hanno avuto modo di instaurare un contatto diretto con i testimoni del Processo Condor, in corso all’Aula Bunker di Rebibbia

di Riccardo Coppola e Gaia Filippone

Uno dei vanti e dei meriti dell’I.I.S. Leonardo Da Vinci è senza dubbio l’intensa attività nell’ambito del Progetto Memoria, in quanto da anni l’istituto si fa promotore dei diritti umani e della costruzione di coscienze attive tra i propri studenti.

Più volte, infatti, gli stessi alunni hanno assistito e sono stati protagonisti di iniziative, dibattiti ed incontri con personalità di rilievo, affrontando tematiche storico-sociali quanto mai delicate come la Shoah, la questione balcanica, gli anni di piombo, le foibe ed il fenomeno dei desaparecidos in America Latina.

Il progetto è volto alla conoscenza e la preservazione del ricordo di pagine della nostra storia vuote d’umanità: riconoscendo la necessità di approfondimento e ricostruzione, si comprendono a pieno le dinamiche che portarono a queste tragedie nel passato, cercando di non ricadere gli stessi errori in futuro. Tuttavia, è doveroso andare oltre.

La vera eredità del Progetto Memoria, del resto, sta nell’identificazione in un’ideale attivo ed in continua evoluzione, una reale presa di coscienza, ben distinta da uno scarico seriale di informazioni in un deposito passivo.

E’ proprio nel segno di questo concetto di memoria attiva che lo scorso 25 febbraio le classi quinte si sono recate nell’Aula Bunker del carcere di Rebibbia, sede dei processi volti a condannare gli orrori del Plan Condor, operazione politico-militare che, tra gli anni ’70 ed ’80, represse le forze eversive di sinistra ed ogni opposizione al governo dei 7 stati latinoamericani (Cile, Argentina, Uruguay, Paraguay, Brasile, Perù e Bolivia) che, con il sostegno e la pressione statunitense, firmarono il suddetto accordo.

A dispetto di una certa lentezza procedurale, per gli alunni si è trattata di una vera e propria esperienza di vita, oltre che l’occasione per portare sotto i riflettori una lotta per la giustizia che ha stagnato nel silenzio per troppo tempo; una lotta portata avanti principalmente dai familiari dei desaparecidos, e che ormai si protrae da più di quarant’anni.

Infatti, la richiesta di verità da parte dei parenti degli innocenti martiri delle dittature sudamericane si è tradotta in mobilitazione istituzionale solo in seguito alla denuncia presentata il 9 giugno del 1999 dai familiari di 8 italiani desaparecidos vittime della repressione.

Dietro le ali mai definitivamente domate del Condor, che assieme ad una generazione pensante ha nel tempo portato via con sé ogni tentativo di resa giustizia, vi sono pesanti responsabilità dei governi locali, che in base alle leggi di amnistia hanno impedito l’apertura di processi fino al nuovo millennio. E’ per questo che la giornata del 25 febbraio ha assunto un doppio significato, di giustizia e politico, offrendo più che mai stimoli di riflessione al gruppo di studenti accorso all’udienza.

Ma l’esperienza in prima persona dei ragazzi con il caso del Processo Condor non finisce qui. Una rappresentanza di studenti (costituita da Riccardo Coppola, Sabrina Guglielman, Sara Della Sala, Rebecca Solimeno ed il rappresentante d’istituto Alessandro Cogo), difatti, si è recata nella serata dello stesso giorno alla Fondazione Basso per prender parte ad una conferenza nell’ambito del ciclo di incontri: Testimonianze del Processo Condor”, promosso dalla stessa fondazione.

Tra letture di scritti personali e contributi dall’alto tasso emotivo, gli alunni hanno avuto modo di trasmettere quell’ideale di memoria attiva che hanno appreso dal progetto guardando in faccia i diretti interessati, quei familiari che per la loro tenacia e forza d’animo si sono resi eroi in una battaglia per la giustizia che solo a distanza di decenni sta portando i primi frutti sperati.

Maria Paz Venturelli - Mireya Garcia

Maria Paz Venturelli e Mireya Garcia

La conferenza, moderata dal giornalista e scrittore Federico Tulli (autore di “Figli Rubati”) e dalla professoressa Susanna Nanni, vera e propria maestra nella trasmissione dei sovra citati valori, nonché una delle figure più attive dell’istituto nell’ambito del Progetto Memoria, ha permesso dunque l’incontro-scambio tra gli studenti del liceo e Mireya Garcia, Pablo Berchenko, testimoni a Rebibbia in giornata, e Maria Paz Venturelli, figlia di Omar Venturelli, l’ex sacerdote italiano sparito sotto la dittatura Pinochet, e mai più ritrovato.

Come detto, è stato un vero e proprio scambio tra le due parti, in un trionfo d’umanità ed empatia, elementi che con tutta questa storia proprio non hanno nulla a che fare: per i ragazzi, infatti, conoscere e parlare con esempi di Uomini e Donne del genere (rigorosamente con U e D maiuscole), detentori di una così grande forza d’animo, è stato inevitabilmente un arricchimento interiore non da poco; dall’altro lato, invece, per i testimoni del Processo Condor, riscontrare un bacino d’interesse così attivo (tra l’altro, tra i giovani) sulla questione ha rappresentato un’autentica fonte di sollievo dopo anni d’indifferenza generale e, soprattutto, uno stimolo per un caparbio continuo delle proprie battaglie personali. Il tutto condito da una travolgente e solidale emozione generale in sala, perfettamente riassumibile nello sguardo di Mireya Garcia, che, per il livello di portata emotiva, preferirei descrivere in versi:

Occhi adombrati

nel buio struggente affannano

il loro slancio è narrante.

Occhi umidi

in valli deserte riecheggia il grido

scorcio d’innocenza dilaniata.

Occhi consumati

il ricordo evoca un vessillo

irremovibile radice, tetra.

Quando l’orrore impunito si disperde

in parole di piombo, l’iride dissolve:

sbiadita, snaturata, di Bellezza ormai bramosa,

è ponte d’animi, e covo d’umanità.

Esistenza impostata dal travaglio

la fiaccola perpetua dell’audacia

rincasa nell’incontro con binari paralleli:

deragliano, naufraghi dell’emotività.

Occhi eclissati

sequestro dello sguardo

luce logora, ma mai vinta

[‘Racconto d’empatia’, Riccardo Coppola]

Una lezione di vita da ammirare ed applaudire, quella dei familiari dei desaparecidos. Di certo, modelli assoluti per dei militanti della memoria.