La società moderna è frutto del progressivo, ma veloce ed inesorabile, instaurarsi della tecnologia. Questa condiziona ogni nostra azione, tale che c’è da chiedersi se siamo, oggi, davvero liberi

di Giorgia Sartori

 

“Bisogna sempre avere il coraggio delle proprie idee e non temere le conseguenze perché l’uomo è libero solo quando può esprimere il proprio pensiero senza piegarsi ai condizionamenti”. Questo affermò Charlie Chaplin, noto attore e regista britannico della prima metà del ‘900, con quello slancio nei confronti della vita tipico degli artisti e dei sognatori.

Eppure al giorno d’oggi sono molti i pareri che oscurano o contrastano  totalmente una mentalità così liberale, priva di contraddizioni e quasi idealizzata. A gettare la prima pietra è il famoso scrittore Umberto Eco: egli sostiene una tesi più specifica, infatti illustra, contestando il concetto di libertà di parola, il ruolo della tecnologia.

Le sue parole sono gravi e decise: “I social media danno diritto di parola a legioni di imbecilli che prima parlavano solo al bar dopo un bicchiere di vino, senza danneggiare la collettività. Venivano subito messi a tacere, mentre ora hanno lo stesso diritto di parola di un Premio Nobel. È l’invasione degli imbecilli (…). Il dramma di Internet è che ha promosso lo scemo del villaggio a portatore di verità”.

Come possono due opinioni di menti brillanti essere quasi diametralmente opposte ma tuttavia assumere entrambe le sembianze di veri e propri dogmi? Come è possibile che il diritto della libertà, antico e profondo, venga intaccato così facilmente dal mondo effimero della tecnologia? La risposta si trova altrove e necessita di essere cercata a fondo

La società moderna è frutto del progressivo, ma veloce ed inesorabile, instaurarsi della tecnologia. Questa al giorno d’oggi condiziona ogni nostra azione, diventandone il fine, il motivo o il tramite.

Ebbi modo di rifletterci un giorno, quando mia madre guardandomi mi disse che vivevo con una mano sola: infatti, avevo l’abitudine di spostarmi, sia in casa che fuori, tenendo in una mano il cellulare senza mai posarlo o allontanarlo troppo da me. Spesso accendevo il display senza un motivo particolare e mi ritrovavo ad utilizzarlo anche se non ne avevo bisogno.

Dal momento in cui mia madre mi disse quelle parole, la mia visione del mondo cambiò sotto molti aspetti: notai che quasi tutti i miei coetanei avevano quell’abitudine e iniziai a chiedermene il motivo. Giunsi poi alla conclusione che il fattore scatenante della dipendenza  dai dispositivi mobili non è il loro utilizzo pratico e materiale, bensì l’esistenza dei social media.

Questi possono essere descritti come una finestra sul mondo, dei mezzi di comunicazione universali. Poiché essi sono subentrati da pochi anni a questa parte, come qualsivoglia innovazione hanno trovato in alcuni casi l’appoggio, in altri il dissenso di molte persone.

Le prime vittime di tutto ciò sono stati senza dubbio quei bambini che ora sono alle prese con il mondo degli adulti: i miei coetanei. Infatti, i social media ci hanno permesso di conoscerci meglio, ma hanno trasformato la nostra vita in una continua gara di corsa: nella nostra mente bambina il terrore più grande era quello di venire esclusi, per volere dei nostri genitori diffidenti, da quella fitta rete di comunicazione che si stava formando. Sono convinta che la nostra attuale dipendenza dai social media affondi le radici in quel desiderio morboso di rimanere parte del gruppo, di non restare mai indietro.

Il web è allo stesso tempo collettivo e individuale, in quanto ognuno, con l’utilizzo di un profilo personale, può condividere ciò che vuole della propria vita con gli altri. Purtroppo, però, l’egocentrismo che caratterizza gli esseri umani ha permesso che molti facessero del proprio profilo internet un punto di sfogo personale aperto al pubblico, nel quale esprimere senza filtri la propria opinione.

La situazione di conseguenza è irrimediabilmente degenerata: i social media hanno fatto in modo che quel confine invisibile, che un tempo separava così nettamente gli sconosciuti, venisse abbattuto. Per questo, al giorno d’oggi, tutti conoscono tutti, ma ben pochi sentono la necessità di conoscere veramente qualcuno: si usa dare per scontato che ciò che le persone scrivono, esaltando il proprio pensiero da dietro ad uno schermo, sia ciò che veramente le descrive.

È inutile negare che tutto ciò abbia permesso la nascita di una forma di schiavitù subdola, silenziosa. Siamo ineluttabilmente legati ad un mondo labile ed astratto, che con la stessa facilità da una parte ci permette di avere il nostro spazio, mentre dall’altra ci sottopone alla vista continua di ciò che gli altri hanno da condividere.

Quando si arriva a mettere in dubbio un diritto, come ha fatto Umberto Eco dichiarando il proprio pensiero, è perché un’altra forma di libertà è venuta a mancare. Nel nostro caso, a causa dell’affermarsi dei social media, a calare a picco è stata la libertà di scelta. Sotto ai nostri occhi scorrono infatti centinaia di pensieri, con molti dei quali siamo in disaccordo… addirittura alcuni di questi ci recano un profondo fastidio.

Se in passato si poteva scegliere chi inserire nella cerchia delle proprie strette conoscenze, in modo da ascoltare solo i pareri che si ritenevano più giusti, al giorno d’oggi tutto ciò è diventato quasi impossibile. Le persone più colte arrivano a trovarsi a stretto contatto con quelle ignoranti e piene di sé e idee opposte si scontrano, stridendo silenziosamente. Da tutto ciò deriva un malcontento generale insanabile, perché l’eccessiva vicinanza agli altri è in grado di generare nelle persone l’insofferenza.

Senza alcun dubbio, tra le due citazioni solo la prima può essere considerata un dogma, in quanto le parole impulsive di Umberto Eco trasmettono l’immagine di un fuoco ancora acceso, alimentato dall’intolleranza e quasi impossibile da domare.

È importante che ricordiamo a noi stessi che possiamo ancora scegliere, che le persone devono essere in grado di mettersi in gioco nella vita reale e di convincere gli altri di quanto valgono con il suono della propria voce: solo in questo modo a raggiungere il successo sarà solo chi lo merita veramente.

Con un maggiore distacco da quel mondo dietro allo schermo avremmo più voglia di conoscere le persone e saremmo meno impacciati nel guardarci negli occhi; inoltre, forse penseremmo che anche i cosiddetti “imbecilli” abbiano qualcosa da insegnarci. In caso contrario, saremmo totalmente liberi di ignorarli e ci dedicheremmo ad attività impegnative o spensierate secondo il nostro gusto, privi di quel pensiero costante che sempre ci distrae. Semplicemente, scopriremmo la comodità di vivere con due mani.