Il 9 maggio 1978 Peppino veniva assassinato dalla mafia, quella che lui stesso definiva “una montagna di merda”. Ripercorriamo qui la sua storia e la sua lotta

di Yuri Filippone

Perorare un ideale in vita è necessario. Non si può essere inetti. Si deve compiere una scelta, parteggiare; scegliere di professare il bene o vivere nel male. Sicuramente la seconda strada porterà facilitazioni e vantaggi economici, ma solo se si percorrerà la prima via, si getteranno le basi per la costruzione di un mondo onesto e giusto, un mondo che, ad oggi, sembra utopico.

Lo sapeva molto bene Giuseppe Impastato. Molti ragazzi probabilmente sentiranno questo nome per la prima volta, dunque permettetemi una breve presentazione. Giuseppe Impastato, meglio noto come Peppino, nasce a Cinisi, in provincia di Palermo, il 15 gennaio 1978. Trascorre la sua infanzia in un ambiente mafioso, essendo il nipote del capomafia Cesare Manzella. Ma Peppino non sopportava l’ingiustizia, perciò rifiuta di seguire l’attività di famiglia ed avvia un’attività politico-culturale antimafiosa.

Sicuramente il pensiero politico di Peppino è stato influenzato dall’incontro con Stefano Venuti, pittore e poeta, che condusse una profonda lotta contro Cosa nostra. Dalla loro collaborazione nascono delle denunce contro le attività illecite mafiose, a seguito delle quali Peppino fu assassinato il 9 maggio 1978.

La svolta per l’impegno politico intrapreso da Peppino avviene nel 1977, quando, insieme ad alcuni compagni, fonda “Radio Aut”, una radio autofinanziata, dunque libera, con cui denuncia le losche attività dei mafiosi di Cinisi e Terrasini.

La radio accusa, in primo luogo, le attività del capomafia Gaetano Badalamenti, battezzato “Tano Seduto” da Peppino. Il boss aveva iniziato un traffico di droga grazie al controllo dell’aeroporto di Punta Raisi di Palermo, al tempo assoggettato dalla cosca di Cinisi. La lotta intrapresa da Peppino attira il dissenso della famiglia, particolarmente del padre, che lo caccia di casa.

Peppino era convinto ci fosse una stretta collaborazione tra “Tano Seduto” e il sindaco di “Mafiopoli”, appellativo con cui connota la città di Cinisi.

Come spesso avviene, anche a Cinisi la presenza mafiosa aveva “intossicato” i capisaldi istituzionali, tant’è che Peppino era convinto che la Polizia e i Carabinieri, delle istituzioni – la cui funzione dovrebbe essere quella di sorvegliare sulla corretta convivenza civile, e insieme a loro anche i politici – fossero d’accordo con i mafiosi.

Peppino era testardo, credeva davvero di poter cambiare le cose, così prese una decisione fatale. Nel 1978 si candida alle elezioni comunali, nella lista di Democrazia proletaria, ma prima di conoscere l’esito delle votazioni, viene ucciso nella notte tra l’8 e il 9 maggio.

L’omicidio è stato inscenato in modo da farlo sembrare un suicidio, volto a rovinare l’immagine di Peppino. La stampa, le forze dell’ordine e la magistratura hanno considerato l’omicidio un atto terroristico dopo aver trovato una lettera scritta molti mesi prima. La mattina seguente, il delitto è passato quasi inosservato agli occhi degli italiani a causa del ritrovamento del cadavere del presidente della Democrazia cristiana Aldo Moro.

Qualche mese dopo l’uccisione, la sua radiò cessò le trasmissioni; ancora una volta la Mafia aveva vinto. Ma i familiari di Peppino non si diedero per vinti. La madre Felicia e il fratello Giovanni si staccarono dalla parentela mafiosa e intrapresero una profonda lotta contro la Mafia.

Dapprima individuarono la matrice mafiosa del delitto di Peppino e successivamente instaurarono un rapporto di cooperazione con il Centro siciliano di documentazione fondato nel 1977 e intitolato nel 1980 proprio a Giuseppe Impastato. Questo centro ha lo scopo di diffondere la conoscenza delle attività mafiose e di diffondere un’adeguata cultura della legalità.

Il 9 maggio 1979 il Centro siciliano di documentazione organizzò, insieme a Democrazia proletaria, la prima manifestazione nazionale anti-mafiosa della storia d’Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il Paese. È l’inizio della svolta.

Per la prima volta, i cittadini italiani e, dunque, l’Italia, hanno preso posizione contro la mafia, riconoscendo le riprovevoli azioni da essa compiute e manifestando affinché esse cessino di esistere. Tutto ciò è dovuto al fervente impegno di Peppino nella sua lotta, e al credere in una Sicilia più giusta e in cui la presenza dello Stato non sia ottenebrata dalla Mafia.

Se il sogno di Peppino si realizzerà è ancora presto per dirlo, ma sicuramente questo personaggio ha “scosso” la coscienza degli italiani rendendoli consapevoli dell’essenza della Mafia, e della pericolosità delle sue azioni