Una “lettera aperta” sui recenti fatti di Roma, per ribadire una precisa consapevolezza di noi educatori: quella di dare un segno per testimoniare la civiltà e la responsabilità, e il nostro impegno per l’Educazione dei giovani

Da molti anni le nostre scuole si occupano di Memoria testimoniando con l’impegno quotidiano quanto sia necessario far conoscere la Shoah, come nodo irrinunciabile della storia del ‘900,  e fornire su questa immane tragedia una visione critica ai nostri studenti per aiutarli a comprendere quale era esattamente il progetto che il nazifascismo aveva in mente, quale era l’idea del mondo che esso proponeva.

Era un progetto terribile e mostruoso che intendeva cancellare gli oppositori politici, i comunisti, gli zingari, gli omosessuali, i malati di mente e gli ebrei colpevoli solo di esistere.

La Shoah nel nostro lavoro di educatori diviene così un paradigma dell’annientamento dell’altro, del diverso, da proporre e discutere con i nostri ragazzi e così conoscere la Shoah significa, oltre che sapere quello che è avvenuto nei campi della morte, divenire consapevoli che certe situazioni possono ripetersi, forse non identiche a se stesse, ma con risultati altrettanto devastanti.

Per tutte queste ragioni oggi siamo colpiti e addolorati da quanto è accaduto a Roma nei giorni scorsi: l’immagine di una vittima come Anna Frank è stata vilipesa e con lei siamo stati offesi tutti noi, tutta la nostra società civile. Nessun atto di “goliardia” ma solo tanta aberrante ignoranza e violenza all’origine di un gesto che riesce difficile da definire tante sono le sue connotazioni negative: volgare, orribile, discriminante, razzista…

E poi , quando scopriamo che tra gli artefici  di questo sfregio ci sono anche alcuni ragazzi – così simili a quelli che frequentano le nostre scuole – è come un pugno in faccia che ci lascia storditi.

Quale deve essere la risposta della scuola? L’unica possibile: testimoniare la civiltà e la responsabilità, continuando – e se possibile accrescendo – il nostro impegno per l’Educazione dei giovani che ci sono affidati, consapevoli che ciò di cui ci stiamo occupando non perché lontano nel tempo è lontano dalle nostre coscienze. Corre soltanto, come tutto ciò che non si vive nel presente, il rischio  di essere avvolto dalle nebbie dell’ignoranza, della banalizzazione, della rimozione e di condurre così, in una china inarrestabile, ad atti disumani come quello di cui ci troviamo a discutere.

Dobbiamo avere il coraggio di rispondere al clima di odio e di violenza che ci sta avvolgendo sempre più e che conduce, come deriva, alla legittimazione di comportamenti incivili e disumani, dimostrando ai nostri studenti che un’altra strada, quella della responsabilità e dell’impegno, è possibile.

La nostra sfida è aiutarli a divenire consapevoli che la domanda sul bene e sul male ci interroga ora, quotidianamente, ed è quindi ora che dobbiamo scegliere e non dopo, a distanza di tempo,  quando è più semplice schierarsi rileggendo gli eventi e chiedendoci perfino come sia stato possibile che siano accaduti davvero.

Eventi che, tuttavia, quando erano ancora terribili presagi, vivevamo con chiarezza ma da silenziosi e inerti testimoni.

Contro tutto questo e per questa sfida noi educatori  vogliamo semplicemente far sapere che ci siamo.

Il Dirigente Scolastico
Prof.ssa Antonella Maucioni