Dopo la proiezione del suo documentario sulla Shoah “Tutto davanti a questi occhi”, l’onorevole si è trattenuto con i ragazzi del Leonardo per parlare dell’Italia di oggi, tra criticità sociali e valori da recuperare

di Lorenzo Cirelli e Marta Venanzi

Buon pomeriggio, onorevole Veltroni, e mille grazie per aver accettato di effettuare questa intervista per “La voce del Leonardo”. Per prima cosa volevamo chiederle quanto crede che sia diffuso il neonazismo oggigiorno in Italia, anche dopo la testimonianza di sopravvissuti come Sami Modiano che continuano a portare la loro voce… come è possibile anche solo essere indifferenti verso tutto ciò?

Il neonazismo per fortuna è un fenomeno abbastanza limitato: per dichiararsi neonazisti bisogna essere degli imbecilli, perché coltivare l’idea che Hitler possa essere un riferimento, avendo quest’ultimo precipitato il mondo in un conflitto terribile e avendo organizzato la deportazione e l’assassinio di milioni e milioni di esseri umani, è qualcosa d’inimmaginabile oggi

Quanto invece ad atteggiamenti di intolleranza o di fastidio nei confronti delle diversità culturali, etniche, religiose, politiche… Sì, c’è tanta indifferenza, ci sono molte persone che fanno finta di non vedere i segni palesi del tentativo di escludere chi non è “come te”… Il preludio a tutto ciò, in ogni caso, è stato nelle dittature comuniste come quelle fasciste, o lo è stato e lo è attraverso i fenomeni di integralismo religioso, laddove chi non è di una certa religione viene “sgozzato”. L’indifferenza di fronte a tutto questo è un rischio molto elevato

Come si è avvicinato al cinema di impegno civile e come ha conciliato poi questa attività con quella politica? Il sentimento di impegno sociale (conditio sine qua non della politica, così come del film politico) è rimasto invariato?

Io ho avuto uno strano percorso perché da ragazzo, quando avevo la vostra età, volevo fare cinema, però avevo anche una grande passione politica. Poi ho voluto scegliere se fare l’uno o l’altro, ho deciso di fare politica e l’ho fatta per un lunghissimo periodo; successivamente ho finito di farla per mia scelta e sono tornato alla mia passione. Naturalmente, dentro questo itinerario, la dimensione politica e quella civile si sono legate, ugualmente la dimensione cinematografica. Adesso ho fatto un film che uscirà tra qualche tempo (C’è tempo, in questi giorni nelle sale italiane) in cui questo aspetto è temperato secondo i vecchi principi della commedia all’italiana, che raccontava la storia di questo paese, però in maniera lieve

Mentre Sami Modiano le raccontava degli orrori provati, c’è mai stato un momento in cui si è quasi arreso, come se non trovasse più parole o immagini per poter scrivere “Tutto davanti a questi occhi”, e di conseguenza per poter riassumere questa strage?

Quest’intervista di Sami è nata all’interno di un altro documentario del 2017 che ho chiamato “Indizi di felicità”, in cui noi intervistavamo tante persone diverse per cercare di capire come arrivavano alla felicità. Naturalmente Sami era il meno adatto da questo punto di vista, dopo tutto ciò che ha vissuto, però mi interessava proprio il punto di vista di una persona che aveva conosciuto il punto terminale dell’orrore

Abbiamo montato nel film una breve parte di quanto girato e poi abbiamo fatto il film con l’intervista intera, perché quando lo abbiamo intervistato, piangevamo tutti: i due operatori, il fonico, io … era una specie di esperienza psicologica collettiva quasi inevitabile. Però arrendersi no, al contrario, questo tipo di testimonianze fa venire una gran voglia di fare, invece di rinunciare. In fondo lui ha vissuto ciò che ha vissuto perché molti si erano arresi

Il 27 gennaio si è celebrata la giornata della Memoria e da alcune parti è arrivata la richiesta di non commemorare le vittime della Shoah. Notiamo, d’altronde, un aumento dell’intolleranza e della xenofobia, un cambiamento psicologico nella visione dell’estraneo… Secondo lei, ci possono essere dei parallelismi fra questi due eventi, sono tra loro comparabili?

Non credo, ma se qualcuno avesse tentato di passare la Memoria sotto silenzio avrebbe sbagliato, perché l’obiettivo è sempre quello di avere il massimo di pronunciamento su questi temi: come dicevo prima, nulla è paragonabile (paragoni storici, definizioni, ecc.) a quello che abbiamo conosciuto. Però ci sono molti segni di intolleranza, molti segni di rifiuto dell’altro. Quello che succede nei mari lo vediamo, no?

L’idea che, in fondo, anche un paese come il nostro, che ha una salda cultura solidaristica dentro di sé, anche con l’influenza della cultura cattolica, della sinistra, ecc., improvvisamente si dimentichi che cosa significhi la parola “umanità”, questo fa preoccupare. È la costruzione di un clima per il quale si fa intravedere che il problema di un paese che è in recessione economica, che non cresce, sia rappresentato dai migranti ed è un modo per depistare, cioè è un’arma di distrazione di massa

Nell’intervista, Sami Modiano spiegava il grande senso di comunità nel quale il ricco non si sarebbe messo a tavola se il povero non avesse avuto la stessa sostanza nel piatto. Secondo lei, nella società attuale, è rimasto tale valore?

Guarda, se io dovessi giudicare dalle persone che incontro, dai ragazzi , direi di sì. C’è poi una rappresentazione mediatica che smentisce, per cui sembra che tutti ci odiamo, ma io sono convinto che la stragrande maggioranza degli italiani ha dentro di sé dei sentimenti di giustizia sociale, di solidarietà, molto profondi

Bene, grazie mille, grazie davvero

Prego ragazzi, grazie a voi!