Quando l’immagine divenne una proiezione della realtà, allora nacque la fotografia. La data ufficiale è quella del 1839, ma da allora molte cose sono cambiate e la fotografia cui siamo abituati oggi è frutto di una lunga storia, tuttora in evoluzione

di Elena Ranocchia

Quando un raggio luminoso attraversò una piccola apertura, entrando  per la prima volta in una stanza buia, si ebbe la proiezione della prima immagine

La camera obscura era già utilizzata nel Rinascimento, all’epoca di Leonardo Da Vinci, quando artisti e architetti iniziarono a necessitare di una descrizione più verosimile della realtà. Tuttavia fu solo nel 1839 che venne annunciata dall’Accademia delle Scienze di Parigi la nascita ufficiale della fotografia

Questa nuova forma si consolidò ufficialmente con l’invenzione del Dagherrotipo: un procedimento che prevedeva lo sviluppo di una nuova tipologia di immagine, proiettata in camera oscura, su una lastra ricoperta d’argento, esposta ai vapori dello iodio e ottenuta infine dopo una posa decisamente lunga e un lavaggio in sale marino e mercurio

Il Dagherrotipo fu la sintesi del lavoro tra gli scienziati Louis Jacque Mandè Daguerre e Joseph Nicéphore Niepce, che già negli anni Venti del XIX secolo aveva prodotto il primo “scatto” permanente della storia attraverso l’utilizzo della lastra d’argento e rame, ricoperta da uno strato di bitume

La prima foto di Joseph Nicéphore Niepce, “Vista dalla finestra a Le Gras”, 1826

 

Intanto, già dagli anni ’30 William Henry Fox Talbot eseguì i primi disegni fotogenici: essi venivano realizzati esponendo al sole oggetti posti a contatto con carta precedentemente immersa in una soluzione di nitrato d’argento e sale da cucina, che tuttavia non erano duraturi nel tempo

Sir John F.W. Herschel inventò il bagno di fissaggio definitivo con l’iposolfito di sodio, usato ancora oggi. Talbot creò poi le prime immagini negative, i calotipi, che vengono usati per creare positivi per contatto

Giacomo Caneva, Tempio di Minerva Medica, 1847, carta salata – dalla mostra “Roma nella camera oscura” (27 marzo – 22 settembre 2019, Palazzo Braschi, Roma)

 

Alla stampa su carta salata (fogli imbevuti in soluzioni di sale)  seguì la carta all’albumina (fogli imbevuti in soluzioni di chiare d’uovo)  negli anni Cinquanta dell’Ottocento. Con Mungo Ponton si ebbe la prima tecnica fotografica non argentica con l’utilizzo del bicromato di potassio, alla quale seguì la stampa su carbone di Alphonse-Louis Poitevin che permetteva di creare immagini in diversi colori a seconda dei vari pigmenti utilizzati

James Anderson, Foro Romano verso il Campidoglio, 1855-1858, stampa all’albumina – dalla mostra “Roma nella camera oscura” (27 marzo – 22 settembre 2019, Palazzo Braschi, Roma)

 

Dopo questo lungo processo di perfezionamento nella creazione delle immagini, infine, nel 1883 venne creata la prima macchina fotografica: la Box Kodak (nella foto sotto). Era la fotocamera con il primo rullino, che poteva contenere fino a 100 foto

I fotografi, all’epoca, terminato il numero di pose, riportavano le fotocamere nei centri Kodak: le foto venivano sviluppate e la pellicola sostituita con una nuova

Avere a disposizione un numero limitato di scatti, sviluppare una foto con un processo lungo, accurato e ben preciso, munirsi di pazienza e concentrazione, focalizzarsi in ogni momento per cercare di ottenere lo scatto migliore, stampare, incorniciare le proprie fotografie, custodirle nel cassetto come un tesoro, un ricordo tangibile, unico, irripetibile: era questa l’arte del fotografare, dall’epoca della fotografia analogica, la prima grande rivoluzione nel mondo dell’immagine

A questo cambiamento ne seguì poi un altro non da meno: un secolo dopo, nel 1981 il fondatore della Sony presentò la prima fotocamera elettronica. La reflex (dotata di un mirino ottico che permette di osservare l’inquadratura) “Movica” (Magnetic Video Camera) può essere vista tuttavia più come una nuova fotocamera analogica che registrava le fotografie su un sensore CCD, infatti non era presente quello che sarà poi il piano focale digitale, ma un disco magnetico in sostituzione alla pellicola che permetteva di scattare un massimo di 50 fotografie a colori

Con lo sviluppo dell’elettronica le diverse compagnie fotografiche crearono modelli sempre più sofisticati, tra cui ricordiamo le già precedentemente lanciate sul mercato reflex Canon F1 e Nikon F2

Infine, le nuove tecnologie determinarono l’ascesa di quella che tutti conosciamo come fotografia digitale, che nel corso di pochi decenni portò alla nascita dei telefoni cellulari con fotocamera integrata – il primo fu il modello Nokia 7650 – e che nel giro di pochi anni fu responsabile del declino della fotografia analogica (nel 2003 le vendite delle digitali superarono per la prima volta le macchine analogiche)

Le fotocamere reflex o DSLR si diffusero nel giro di poco tempo e sono state utilizzate a lungo da amatori e professionisti. Anche se attualmente i modelli reflex sono ancora i più diffusi, dagli ultimi anni assistiamo ad un cambiamento che porterà ad una nuova rivoluzione nel mondo della fotografia. È infatti questione di poco tempo, prima che le nuove fotocamere mirrorless sorpassino definitivamente i precedenti modelli digitali.

Nonostante queste siano ancora incomparabili alle reflex riguardo al corpo-macchina in sé, Canon, Nikon e Sony garantiscono al pubblico nuove fotocamere di dimensioni inferiori, più leggere, compatte, trasportabili che portano a casa risultati equiparabili, se non migliori, a quelli delle fotocamere DSLR. È per questo che, una volta corrette e completate, le mirrorless proietteranno la fotografia in una nuova fase

 

Quanta forza comunicativa ha un’immagine nel trasmettere un messaggio?

Per approfondire e comprendere meglio il mondo della fotografia, abbiamo deciso di sentire l’opinione di un esperto. Roberto Moretti è fotografo freelance da 10 anni presso il Comune di Fiumicino. Dal 2014 ha ottenuto posti di rilievo nelle finali del prestigioso concorso HIPA, e si tiene in continuo aggiornamento attraverso corsi di postproduzione

Roberto, grazie per aver accettato di svolgere quest’intervista. Iniziamo subito con la prima domanda: la fotografia può essere considerata un’arte paragonabile alla pittura o alla scultura? Per quale motivo?

Dal mio punto di vista sì, perché in ognuna delle forme d’arte viene utilizzata la luce per conferire atmosfera, tridimensionalità, forma..

Quando possiamo giudicare una fotografia “bella”?

Ci sono vari aspetti con cui si giudica una foto, il primo è la tecnica, il secondo, ma non per importanza, l’impatto emotivo. Personalmente trovo che l’aspetto emozionale sia più importante dell’aspetto tecnico

Che cosa contraddistingue uno scatto significativo da una foto comune?

Una foto comune può essere rappresentata da uno scatto che documenta qualcosa o un evento, una foto significativa è rappresentata dall’interpretazione personale

Quanta forza comunicativa ha un’immagine nel trasmettere un messaggio? Il linguaggio visivo è efficace come quello verbale?

Trovo che le immagini diano un valore aggiunto alla comunicazione verbale poiché conferiscono una carica emotiva maggiore

Cosa cambia tra un immagine a colori e un bianco e nero? Le sensazioni suscitate da una foto a colori sono uguali a quelle della medesima foto con l’effetto bianco e nero? Quali stati d’animo vuole trasmettere generalmente questo tipo di immagine nell’osservatore?

La differenza sta nel fatto che il nostro cervello va in confusione osservando una foto a colori poiché il colore stesso genera confusione. Nel bianco e nero siamo attratti solo da luci ed ombre senza la confusione del colore. Per questo abbiamo una percezione più piacevole nei confronti del bianco e nero. Trovo che sia più difficile colpire l’attenzione delle persone con uno scatto a colori

Molte fotografie dal forte impatto emotivo sono rimaste impresse nella memoria della storia. Prendiamo come esempio due immagini: la foto della Morte di Alan Kurdi di Nilufer Demir e quella del bambino con l’avvoltoio di Kevin Carter. Commentando i due scatti, saprebbe dirmi se – secondo la sua opinione – una foto del genere avrebbe il potere di cambiare il pensiero comune?

Le due foto citate sono di grandissimo impatto emotivo, ma sopratutto evidenziano dei drammi reali; dubito però che le persone possano cambiare il loro pensiero poiché le persone hanno delle forti resistenze nei confronti dei cambiamenti.

Tutti siamo consapevoli, attraverso foto e video, delle violenze che avvengono negli allevamenti di animali e di come vengano allevati ed uccisi, ma nonostante tutto si continua a mangiare la carne

Il valore di una fotografia come qualcosa di prezioso e unico siè andato progressivamente a perdersi nel tempo? L’uomo di oggi ha un’altra  concezione della fotografia rispetto a ieri? Col passare degli anni, è variato il rapporto tra immagine e osservatore? Egli percepisce le immagini diversamente o l’effetto che può procurare una foto è rimasto invariato?

Il valore della fotografia non credo si sia perso, anzi, secondo me è aumentato poiché oggi si ha la possibilità di scattare in qualsiasi momento grazie alle nuove tecnologie.

La concezione della fotografia è senza dubbio cambiata perché prima ci si rivolgeva ad un professionista, mentre oggi anche l’amatore ha la possibilità di creare belle immagini.

Credo che a differenza di prima, oggi abbiamo a disposizione un numero infinito di immagini e quindi di ricordi. Oggi non abbiamo più quella sensazione di non ricordare alcuni momenti passati della nostra vita perché si ha la possibilità di documentare ogni istante. Tuttavia rispetto al passato c’è meno interesse, meno curiosità, visto che tutto è immediatamente fruibile