Peppino Impastato, una voce libera strozzata dalla mafia. In occasione dell’inaugurazione della nuova Aula Magna intitolata alla sua memoria, ripercorriamo la sua lotta

di Camilla Gaeta

Qualche settimana fa nella nostra scuola è stata inaugurata l’Aula Magna intitolata alla memoria di Peppino Impastato, importate figura della lotta contro la mafia, e a quella di sua mamma Felicia che ha combattuto per il resto della vita con l’obiettivo di fare arrestare i responsabili dell’omicidio del figlio

La lotta alla mafia è spesso un tema introdotto e ricordato a noi ragazzi, non solo perché è importante tenere vivo e nitido il ricordo di eroi che hanno combattuto fino alla morte per un problema o per meglio dire una malattia che purtroppo non riguarda solo la Sicilia, ma anche perché -come ha detto l’assessore alla Scuola e Cultura di Fiumicino, Arcangela Galluzzo – la memoria, gli esempi di coerenza e legalità trasmessi ai ragazzi sono garanzia per la costruzione di una società migliore

Grazie alla presenza di Pino Manzella, compagno di militanza di Peppino, durante l’inaugurazione abbiamo iniziato a conoscere meglio questo giovane (Peppino venne ucciso quando aveva solo 30 anni), capendo che non serve essere persone di rilievo o particolarmente importanti per cambiare le cose

Manzella infatti non ci ha raccontato di un giudice, un prefetto o un politico, ma di un semplice ragazzo di provincia figlio di un mafioso che alla fine degli anni ’60, in piena rivoluzione studentesca, inizia la propria lotta contro la mafia, svolge attività culturali, fonda il giornalino L’idea socialista e Radio Aut, radio libera autofinanziata con un gruppo di compagni, insieme ai quali denuncia gli affari mafiosi di Cinisi e Terrasini

Peppino viene assassinato nella notte tra l’8 e il 9 maggio del 1978 ma il delitto passò quasi inosservato poiché proprio in quelle stesse ore in via Caetani a Roma veniva ritrovato il corpo senza vita del presidente Aldo Moro. Ma l’assassinio a Cinisi sicuramente non passò inosservato per il caso Aldo Moro; Pino ci ha raccontato di come la polizia trascurò l’accaduto facendolo passare come un suicidio e di come i resti del corpo siano stati raccolti da lui stesso insieme ad altri compagni di militanza

La paura era tanta, ma non abbastanza da bloccare i cittadini che, il giorno del primo anniversario della morte di Peppino,organizzarono la prima manifestazione nazionale anti-mafiosa della storia d’Italia, a cui parteciparono 2000 persone provenienti da tutto il Paese. Per la prima volta l’Italia, tutta unita, prese posizione contro la mafia, dando inizio a una lotta che, fortunatamente, continua ancora oggi

 
Forse è ancora presto per vedere realizzato il sogno di Peppino, ma speriamo che eventi come questi facciano aprire gli occhi a tanti ragazzi con la speranza di un futuro migliore e libero da orrori come la mafia