I compiti non devono essere un sacrificio bensì un momento di riflessione, dice Veronica. Compiti per l’estate? Le vacanze devono essere vacanze, ribatte Alessandro. E voi che ne pensate? Il dibattito è aperto…

di Veronica Bertuolo e Alessandro Boccarusso

 

Un interrogativo che ogni tanto torna di attualità: i compiti a casa sono utili o no? Servono per imparare meglio oppure fanno disamorare nei confronti dello studio? Lo abbiamo chiesto, grazie alla prof..ssa Cerroni, a due alunni del 2° H linguistico

I compiti a casa si stanno trasformando in uno dei maggiori problemi degli studenti” dice Veronica. “Studiare serve, ma i risultati dipendono più dalla preparazione dei docenti che dal numero di compiti assegnati. A parer mio è inutile caricare troppo gli studenti di lavoro pomeridiano, poiché il rendimento scolastico rimane pressoché lo stesso. 

I professori danno agli studenti i compiti da svolgere a casa per far approfondire, memorizzare e studiare gli argomenti che affrontano durante l’anno scolastico. Prima dell’assegnazione dei compiti però, per evitare problemi di comprensione, i professori aiutano gli studenti dando loro delle informazioni in più o delle spiegazioni più approfondite che non sono comprese sul libro di testo. 

Quando si eseguono i compiti a casa, i ragazzi possono anche rendersi conto se abbiano commesso degli errori o se non siano riusciti a comprendere bene ciò che viene richiesto negli esercizi e quindi di conseguenza anche la spiegazione delle lezioni. Per questo fare i compiti a casa permette, in caso gli studenti non abbiano compreso appieno, di chiedere successivamente ai professori di rispiegare nuovamente gli argomenti. 

Se dati nella giusta misura, i compiti servono a promuovere l’autonomia e le capacità di studio e di organizzazione di ogni ragazzo, che così impara a lavorare in modo autonomo. Proprio per questo è meglio evitare l’abolizione dei compiti a casa perché gli unici che pagherebbero le conseguenze di questa decisione sarebbero gli studenti. Allo stesso tempo però è di fondamentale importanza organizzarsi bene nella settimana perché le attività di studio potrebbero occupare l’intero pomeriggio, e non è bene che occupino la maggior parte del tempo degli studenti perché necessario che ognuno abbia il tempo per praticare sport o dedicarsi ad altre attività. Di solito i compiti si riescono a svolgere velocemente, ma ci sono delle eccezioni, per esempio se l’argomento è reputato noioso o molto complicato e quindi ci si può impiegare molto più tempo. 

I compiti sono senza alcun dubbio necessari, solo che a volte sono per gli studenti quasi un sacrificio: tante volte i momenti che dovevano essere dedicati alle attività sportive o a qualsiasi altro tipo di attività sono stati occupati per studiare o completare i compiti. 

In più, molto spesso i genitori risultano assillanti poiché hanno per i propri figli altissime aspettive: in questo modo, però, invece che aiutare i propri figli, li rendono soltanto più insicuri e li portano a pensare che i compiti siano come un obbligo. Perciò devono cercare di far capire loro l’importanza della scuola e dello studio senza stressarli: i compiti non devono essere un sacrificio, bensì devono rappresentare un momento di riflessione”. 

La giornalista Emanuela Cruciano sottolinea l’importanza dei compiti come veicolo per poter permettere agli insegnanti di lavorare su eventuali difficoltà circa il programma per gli alunni; questi ultimi possono poi trarre giovamento dai compiti acquistando apertura mentale, vedendo la loro curiosità e la loro attenzione stimolate nonché uno sviluppo dell’autonomia” le fa eco Alessandro.  

L’autrice sottolinea come, alle medie e alle superiori, sia importante per i ragazzi studiare con un apposito metodo di studio – mappe concettuali, sottolineature, linee del tempo, schemi… – atto ad evitare l’apprendimento difensivo, ovvero il processo per cui lo studente s’impegna a studiare a memoria le informazioni fornitegli per poter superare una data prova, per fare poi tabula rasa.  

Ciò che viene ben assimilato e che rimane impresso nel cervello ha, per forza di cose, una maggiore durata nella memoria cosciente nonché un posto assicurato nella memoria subcosciente, piuttosto che quelle informazioni ingerite costantemente per un periodo momentaneo. Così come non ci si scorda cosa vuol dire la parola “disarmonico”, per quanto poco utilizzata, non ci si scorda cosa vogliono dire o in cosa consistono delle nozioni apprese con successo e non con superficialità. 

Per quanto sia vero che i compiti a casa permettano una maggiore autonomia del singolo nonché consentano allo studente di sviluppare qualità come la curiosità, l’attenzione e l’apertura mentale, non è da sottovalutare che quando si fa un lavoro forzato il nostro cervello tende difficilmente ad assorbire i vantaggi che quel lavoro ci dà. Al contrario, si impegna a sviluppare dei sistemi atti a raggirare il carico di lavoro permettendo di eseguire il compito con minore sforzo: certo, è pur sempre apertura mentale, ma non servono i compiti a casa per sviluppare questa dote innata nella psicologia umana.  

Nella fase della prima e seconda infanzia l’assegnazione di compiti è sicuramente indispensabile per gli alunni di modo che possano automatizzare cose che normalmente non potrebbero, oltre che per poterli abituare al mondo lavorativo, nel quale si vedranno costretti ad eseguire dei compiti indipendentemente dalla loro volontà. Tuttavia ritengo che gli insegnanti, dalle medie in poi, abbiano per la grande maggioranza poco interesse nello spiegare quello che è il metodo di studio e tanto meno, spesso,  si curano di controllare e risanare le lacune dei loro discepoli. Piuttosto si potrebbe fare l’osservazione che i compiti vengono dati e basta: così come si automatizzano tante cose facendo i compiti, automatizziamo anche la loro esistenza senza porci problemi. Gli insegnanti delle medie dovrebbero, piuttosto, preoccuparsi di spiegare tutti i metodi di apprendimento possibili e, in maniera rotatoria, farli provare ai loro alunni così da permettere loro di sperimentare e trovare quello che produce più risultati.

Le medie sono, dopo tutto, un momento di transito tra l’infanzia e l’adolescenza, tra il mondo generalizzato delle elementari e quello specializzato delle superiori, quindi sarebbe di estrema importanza insegnare sia come si studia, che come studiare e avere il giusto approccio verso le singole materie, di modo da poter indirizzare gli alunni verso la scelta delle giuste scuole superiori. 

Durante queste, invece, nei primi anni almeno dovrebbe essere cura degli insegnanti assegnare compiti in dosi minimamente sufficienti e direttamente proporzionate all’argomento insegnato per assicurarsi che gli alunni acquisiscano perfettamente le nozioni insegnate. Per quanto concerne i compiti delle vacanze, estive, invernali o pasquali che siano, mi limiterò a fornire l’etimologia della parola vacanza: dal latino vacantia, da vacans, participio passato del verbo vacare che significa “essere vacuo, sgombro, libero, senza occupazioni”. 

Dunque vedo due soluzioni: l’assenza di compiti durante le vacanze (anche perché, prevengono realmente il dimenticare le cose apprese, alla luce degli stratagemmi psicologici descritti prima?), oppure, utilizzare un altro termine più consono e in linea con una lunga assenza da scuola farcita di compiti che stressano gli alunni e fanno diminuire il desiderio di apprendimento più basso di quanto già non sia”