La didattica a distanza non è nata adesso, in questi tempi bui: in un’altra epoca, che oggi sembra lontanissima, il maestro Alberto Manzi già faceva scuola in televisione…

di Giuseppe Repole

 

Se chiedete a una qualsiasi persona dove ha imparato a leggere la risposta sarà “a scuola”. Se però lo chiedete a una persona sui sessant’anni (per esempio a me), può darsi che vi risponderà “in televisione”.

Già, perché ben prima della didattica a distanza che stiamo svolgendo in questo periodo in Italia c’è stato un programma televisivo della RAI che si proponeva di insegnare attraverso l’allora nuovo mezzo di comunicazione che era la TV.

Ideato e condotto da Alberto Manzi e dal titolo “Non è mai troppo tardi”, fu trasmesso per la prima volta alle 19 del 15 novembre di sessant’anni fa, e durò fino al 1968.

Lo scopo del programma, voluto dal Ministero della Pubblica Istruzione, era quello di cercare di insegnare a leggere e a scrivere a un certo numero di adulti analfabeti, la cui percentuale era ancora piuttosto elevata a fronte di una buona situazione economica. La RAI reclutò il maestro elementare Alberto Manzi, che insegnava in una scuola di Roma, e gli affidò la realizzazione e la conduzione del programma.

Le puntate erano concepite come vere e proprie lezioni in classe, con gli studenti ai loro banchi e il maestro che aveva una lavagna fatta di grandi fogli bianchi, sui quali scriveva con un carboncino nero, alternati a fogli neri, sui cui scriveva con il gesso bianco. Non solo: il maestro Manzi scriveva anche su una lavagna luminosa, cosa modernissima, con cui vivacizzava le sue spiegazioni, e ogni tanto faceva vedere dei brevi filmati per spiegare l’uso sociale delle parole di cui si stava parlando.

Col suo fare garbato e coinvolgente, il maestro insegnava come riconoscere e scrivere le lettere dell’alfabeto, la loro successione nella formazione delle parole, e la loro pronuncia, stimolando la memoria visiva con disegni degli oggetti di cui parlava.

Gli studenti, spesso di età avanzata, erano guidati in questo processo di apprendimento dal fare dinamico del maestro, che incoraggiava e si preoccupava che tutti avessero compreso interagendo con loro.

E anche quelli che erano a casa come me, nonostante la giovanissima età, riuscivano a imparare la differenza tra lettera maiuscola e minuscola, tra la emme con tre gambette e la enne con due, o la pronuncia differente tra gl e gn.

Il programma ebbe un tale successo che il suo “format” fu preso a esempio da vari paesi europei, e si è calcolato che grazie ad esso un milione di italiani abbiano raggiunto la licenza elementare.

A distanza di decenni, in questo momento dovuto alla situazione sanitaria che ci impone di insegnare a distanza, viene da chiedersi se la resa proficua di quel modo di insegnare fosse dovuta a un ingrediente “speciale”, il carisma del maestro Manzi, o forse alla novità del mezzo di comunicazione,  la semplice voglia di imparare, o magari a tutte e tre le cose.

Per la mia esperienza personale fu senz’altro tutte e tre le cose, ma ora che sto dall’altra parte le cose sono diverse: io devo impegnarmi sempre per somigliare almeno un pochino al mio maestro, e mi auguro che anche i miei studenti si sforzino di somigliare ai suoi studenti.

Sarà difficile. Guardate, anche a me sembra sempre difficile…Però l’esperienza mi insegna che, superate le prime difficoltà, noi possiamo veramente andare tranquilli. Voi avete superato già la prima difficoltà di venire e di incontrarci”. Alberto Manzi