Fregene ha una lunga storia alle sue spalle e un frammento di epigrafe romana presso Castel San Giorgio la può raccontare…

di Riccardo De Paoli

In un buio angolo dell’atrio di Castel San Giorgio, è conservato un frammento di epigrafe romana che facilmente sfugge agli occhi del visitatore frettoloso. Si tratta invece di una preziosa testimonianza, l’unica finora certa, dell’esistenza dell’antica Fregenae, la colonia fondata intorno al 246 a.C. per controllare militarmente la costa tirrenica durante la fase finale della prima guerra punica. Il suo nome sarà in seguito ricordato in un brano di Livio relativo all’anno 190 a.C. insieme a quello di altre coloniae maritimae, che chiesero invano di essere esonerate dalla leva in occasione della guerra contro Antioco III di Siria. In un verso del poema Punica di Silio Italico (I secolo d.C.), vi è un breve accenno al contributo militare che Fregenae, insieme ad altre città etrusche, avrebbe dato alla vigilia della battaglia di Canne; essa è già ricordata allora al centro di luoghi deserti, ma il poeta forse anticipa cronologicamente quella che era la realtà dei suoi tempi. Presto infatti la città venne abbandonata, mentre il territorio circostante lentamente tendeva ad impaludarsi.

Ma dove sorgeva questa colonia di cui oggi rimane solo un vago ricordo? Probabilmente esisteva già una Fregenae etrusca, forse dipendente da Veio, di cui molto poco sappiamo, che controllava il corso finale dell’Arrone e offriva uno scalo commerciale lungo la costa. Non conosciamo bene neppure dove sorgesse la colonia romana, ma alcuni ritrovamenti effettuati nei primi anni dell’Ottocento ci permettono di localizzarla intorno alla torre Primavera. Ben più importanti degli scarsi resti archeologici visti intorno alla torre e di cui non vi è più traccia, sono però due importanti frammenti epigrafici provenienti dalla zona.

Il primo (CIL XI, 7126) è appunto quello conservato nel castello, molto prezioso per noi, perché ci conferma che davvero siamo vicini all’antica città. Eccone il testo:

LARIBVS AV[G(ustis) ET]

DIANAE FREG[ENATI]

M(arco) AVILLIO M(arci) L(iberto)

Si tratta di una dedica ai Lari Augusti e a Diana fregenate, databile alla fine del primo secolo a.C.: il culto di Augusto, infatti, nato a Roma nel 12 a.C., presto si diffuse in molte località dell’Etruria meridionale, accompagnato dall’istituzione di un sacerdozio specifico.

Il secondo (CIL XI 3727), di cui purtroppo non vi è più traccia, non fa cenno alcuno alla città, ma ne ricorda i coloni insieme ad un dictator/imperator, probabilmente da identificarsi con Cesare. Se questa identificazione è corretta, l’epigrafe sarebbe databile al suo terzo consolato e quindi all’anno 46 a.C., quello dei quattro trionfi. Questo il suo testo:

IMPER[—]

[PONTIF(ex)] MAXIM(us)

[DIC]T(ator) TERT(ium)

COLONI

Abbiamo così la conferma che Fregenae era ancora fiorente in età primo imperiale, ma presto iniziò per essa una lenta decadenza, che la portò ad un rapido ed inarrestabile abbandono. Il suo nome sparisce infatti dalle fonti già alla fine del secondo secolo d.C., sebbene non possiamo escludere una qualche minima forma di sopravvivenza urbana, magari come piccolo borgo di pescatori, anche fino all’alto medioevo, come avvenne per le vicine Ostia e Porto.

Ma perché Fregenae fu abbandonata? Prima causa fu certo la crescente insalubrità del luogo, dovuta al lento avanzamento della linea di costa e alla difficoltà del deflusso verso il mare delle acque del Tevere e dell’Arrone: le opere di canalizzazione e drenaggio create da Etruschi e Romani, infatti, dovettero presto risultare insufficienti o non furono più curate come in precedenza. Ma altrettanto importante per la decadenza dell’antica Fregenae fu la realizzazione del nuovo sistema portuale imperiale e la fondazione di Portus: il piccolo scalo alla foce dell’Arrone aveva perso ormai ogni importanza commerciale. Lentamente si allargarono le paludi ed esse diedero vita a due grandi stagni, di cui il più grande (lo Stagno di Maccarese o di Ponente o Maius) arrivava quasi ad estendersi per mille ettari nella zona di Campo Salino; il secondo, molto più piccolo, era a nord-ovest del castello, alle Pagliete (lo Stagnetto).

Fu solo agli albori del Novecento che si sognò di far rivivere l’antica Fregenae, di cui si era ormai perso anche il nome. Molto interessante a tal fine è il contenuto di un opuscolo pubblicato da A. Albertazzi nel 1900 dal titolo Roma e il mare : alcune considerazioni igieniche sulla opportunità di una stazione balnearia alla spiaggia di Fregenae (presso Maccarese).

Ecco le sue parole, davvero quasi poetiche: “Date le attuali condizioni generali della Provincia romana, nessun altro luogo, come Fregenae, si presta più opportunamente a risolvere la questione di Roma al mare. (…) (In essa sorge) uno splendido bosco di pini secolari che, in lunghi filari, allineati e snelli si ergono in alto e, a circa 20 m. dal mare, spiegando ciascuno un folto ombrello di verdi foglie, danno nell’insieme all’ammirata fantasia di chi li riguarda, l’immagine di una volta immensa poggiata sulle mille colonne di un tempio mistico, circonfusa da una aureola infinita di azzurro, fra cielo e mare. La pineta, che ha una larghezza di appena un km., si estende in lunghezza per oltre 9 km., e dal suo piede, luccicando al sole, una viva spiaggia di finissima arena con leggero declivo discende, ed a meno di 100 metri si nasconde nel mare”.

Conclusa la prima guerra mondiale, un gruppo di imprenditori acquisterà nel 1926 la zona dai principi Rospigliosi per dare vita ad una moderna ed elegante località balneare: nasce così la Società Anonima Marina e Pineta di Fregene, che realizza le prime ville, il viale di accesso e il piazzale al mare con le due grandi colonne littorie, un ristorante ed addirittura un ippodromo. I lavori però non vengono conclusi, perché la società fallisce nel 1932 e ad essa succede la Banca d’Italia come maggior creditrice. Dopo i danni e le distruzioni avvenute durante la seconda guerra, l’abitato riesce celermente a riprendersi e a trasformarsi nella moderna e ridente località balneare dei nostri giorni, che almeno nel nome perpetua il ricordo dell’antica Fregenae