Oggi il leggendario leader dei Nirvana avrebbe compiuto 53 anni: ripercorriamo vita, storie ed eccessi dell’icona per eccellenza della generazione X

di Gabriele Bocchese 

A tutti noi capita di pensare a come saremo tra qualche anno, al nostro lavoro, alla nostra carriera e in maniera più generale al nostro futuro. Magari anche a come festeggeremo i nostri successi e magari perché no anche il nostro prossimo compleanno.

Oggi vorrei festeggiare, o almeno commemorare, la nascita di un uomo che purtroppo non può più farlo: Kurt Cobain. Infatti non a caso oggi 20 febbraio 2020 il leggendario leader dei Nirvana avrebbe compiuto 53 anni. E vorrei celebrare questo evento come se il tempo non fosse mai passato, e lui fosse ancora lì sul palco con la chitarra al collo a far impazzire migliaia di persone: vorrei insomma riassumere quello che fu e quello che rappresentò allora e tutt’ora l’icona per eccellenza della generazione X.

Kurt Donald Cobain nacque al Grays Harbor Hospital della città di Aberdeen vicino Seattle il 20 febbraio 1967 dal meccanico Donald Leland Cobain e da Wendy Elizabeth Fradenburg,che si alternava tra un impiego da barista e quello di segretaria d’ufficio. La sua carriera musicale inizia fin dall’adolescenza, quando all’età di quattordici anni riceve dalla zia Mary una chitarra elettrica e un piccolo amplificatore, con i quali (prima di iniziare a comporre i propri testi) impara a suonare Back in Black degli AC/DC e Stairway to Heaven dei Led Zeppelin.

La particolarità di Kurt è che, nonostante fosse ambidestro, decise di suonare da mancino poiché all’epoca c’erano pochissimi chitarristi mancini e pensava che così facendo si sarebbe distinto. Dopo questi primi anni di felicità tuttavia la situazione familiare di Kurt inizia a sgretolarsi, i genitori divorziano e Cobain dapprima va a vivere con il padre in una comunità di taglialegna, poi successivamente – all’età di diciassette anni – taglia definitivamente ogni rapporto con la famiglia iniziando a vivere una vita da nomade, spostandosi da una città all’altra e dormendo prima nello scantinato della casa della madre e successivamente a casa di amici, per poi finire sotto a un ponte.

È proprio in questi anni di continuo vagabondaggio che conosce il bassista Krist Novoselic e insieme a lui e al batterista Chad Channing (che verrà poi sostituito da Dave Grohl, attualmente il leader dei Foo Fighters), fonderà nel 1985 una delle band più iconiche del secolo scorso, i Nirvana.

Da questo momento in poi inizierà una vera e propria scalata sull’Olimpo del rock, dapprima con il primo album ufficiale del gruppo chiamato Bleach targato 1989, e successivamente con Nevermind, album del 1991, fino ad arrivare a In Utero del 1993 e infine a MTV Unplugged in New York del ’94, vincitore di un Grammy.

Anni in cui la musica riesce a esprimere con tutta se stessa rabbia, disperazione senso di inadeguatezza sociale e isolamento, musica sbagliata fatta da gente sbagliata, personaggi persi in turbini di droga e eccesso, dai quali – nonostante gli sforzi – era quasi possibile sottrarsi, come dimostrato soprattutto da Kurt, in perenne conflitto con una distruttiva dipendenza da eroina.

Questa lo porterà nel 1992 ad avere la sua prima overdose, dalla quale si riprese grazie a un cocktail di farmaci somministratogli dalla moglie, e subito dopo si esibì al Saturday Night Live in quella che venne poi ricordata come una delle migliori esibizioni mai fatta dai Nirvana. Nonostante la sua dipendenza compulsiva verso le droghe, Cobain non rinunciò alla prospettiva di crearsi una famiglia, infatti nel 1990 conobbe in una night club di Portland Courtney Love, di tre anni più grande. Successivamente i due si sposarono a Waikiki alle Hawaii nel 1992, stesso anno in cui misero al mondo la loro unica figlia Frances Bean Cobain.

Figlia che cambiò molto Kurt, il quale dopo aver appreso dell’imminente nascita, intraprese un primo percorso di disintossicazione, tentativo che purtroppo risulterà fallimentare. Tuttavia il matrimonio tra Kurt e Courtney fu molto travagliato e aspramente criticato dai media, per via della tossicodipendenza dei due e dei molteplici tentativi di suicidio da parte del cantante, che culmineranno nel 1994 con un colpo di fucile alla testa nella sua casa di Seattle.

Evento che divenne simbolo della vita travagliata e sofferta del cantante e di come, dietro una vita apparentemente fatta di successo, svago e sregolatezza, ci siano crepe incolmabili che solcano l’animo di un uomo, lasciando spazio a una sola inequivocabile scritta: “solitudine”