La Storia, quella ufficiale, si studia sui libri, certo, ma a volte anche altri strumenti ci parlano e conservano la nostra memoria. I francobolli, per esempio, testimoni di fatti, di popoli, di sentimenti

di Riccardo M. De Paoli

Tra pochi mesi la città di Trieste e l’intera Italia ricorderanno il centenario del trattato di Rapallo, firmato il 12 novembre 1920, che sancì ufficialmente l’entrata della città nel Regno d’Italia (insieme al Friuli Venezia Giulia, all’Istria e a Zara).

Per l’annessione della città di Fiume, invece, si dovrà attendere fino al 1924, quando con il trattato di Roma potrà dirsi finalmente compiuto il lungo processo di unificazione iniziato nel Risorgimento. Ma la città di Trieste aveva già visto il 3 novembre 1918 l’approdo del cacciatorpediniere Audace e lo sbarco delle truppe italiane e questo aveva di fatto posto termine alla lunga presenza asburgica, iniziata più di 500 anni prima.

Fino a quella data Trieste era stata la capitale dell’Österreichisches Küstenland (il Litorale Austriaco), territorio con una popolazione di circa un milione di abitanti, di cui il 43 per cento di lingua italiana, comprendente la città giuliana, il Margraviato d’Istria (con capoluogo Pola) e la Contea di Gorizia e Gradisca (con capoluogo Gorizia).

Maggior porto dell’Impero sul mare Adriatico, Trieste, la città fedelissima (titolo che le era stato concesso dall’imperatore Francesco I nel 1819), era un attivo e vivace centro culturale, dove vivevano insieme abitanti di diverse etnie e religioni: si potevano infatti trovare cattolici, ortodossi, ebrei ed armeni, italiani, slavi, tedeschi e austriaci.

Un perfetto esempio quindi delle molte nazioni e varietà di popoli che vivevano all’interno dell’Impero. Anche se la minoranza italiana (di cui fecero parte tra gli altri Guglielmo Oberdan, Italo Svevo ed Umberto Saba) guardava con speranza all’annessione al Regno d’Italia, la città giuliana visse con la sua abituale operosità fino al 1914, cioè alla vigilia dello scoppio del primo conflitto mondiale.

Proprio nel porto di Trieste, dalla corazzata Viribus Unitis scortata da una grande flotta da guerra, sbarcarono la sera del primo luglio di quell’anno le salme dell’arciduca Francesco Ferdinando e della moglie, assassinati pochi giorni prima a Sarajevo. Accompagnati all’alba del giorno dopo da un solenne corteo alla stazione della Ferroviaria Meridionale di Trieste, che collegava la città a Vienna, i due corpi furono caricati su di un treno che, partito poco prima delle dieci, lentamente li trasportò nella capitale per i solenni funerali.

Terminati i tristi anni della guerra e l’ebbrezza dell’annessione all’Italia, Trieste visse finalmente in pace il periodo tra le due guerre. Dal 1940, però, la città giuliana entrò, come tutta l’Italia, nel dramma di un nuovo conflitto mondiale, tra i molti lutti causati dai frequenti bombardamenti angloamericani e dalla crudele occupazione nazista che durò fino ad aprile 1945. Con la resa delle truppe hitleriane cadde anche il progetto di un’amministrazione germanica diretta della zona delle Prealpi e del Litorale Adriatico, la Alpenvorland-Adria: ora Trieste e tutta la Venezia Giulia si illusero che fosse finalmente giunto il termine di tante sofferenze e patimenti.

Ma non fu affatto così: il primo maggio 1945 ebbe inizio in città l’occupazione delle truppe del maresciallo Tito, che ne rivendicava l’annessione alla Jugoslavia. Per più di un mese la città visse un nuovo periodo di terrore e violenze, al quale pose fine solo la firma di un accordo militare, siglato il 9 giugno 1945 a Belgrado da Tito e dal generale inglese Alexander: il 12 giugno, finalmente, le truppe jugoslave lasciarono la città. In conseguenza di questo accordo, perfezionato a Duino il 15 giugno dai generali Morgan e Jovanovich, il Friuli Venezia Giulia e l’Istria furono divise in due distinte zone. Seguendo la cosiddetta linea Morgan, furono create la zona A, amministrata da un Governo militare alleato (AMG-VG Allied Military GovernmentVenezia Giulia), che comprendeva la città di Trieste con il suo circondario, una stretta fascia fino a Gorizia e al confine austriaco a Tarvisio e, come un exclave, Pola con i suoi dintorni; e la zona B, amministrata dal Comando militare dell’Armata popolare jugoslava (VUJA Vojna Uprava Jugoslavenske Armije), la quasi totalità dell’Istria e la parte restante della Venezia Giulia, Fiume e le isole del Quarnaro. Tra le conseguenze di questo accordo vi fu lo spostamento di molte migliaia di abitanti della zona “B”, specialmente verso Trieste e Pola.

Questa situazione provvisoria durò fino al 10 febbraio 1947, quando a Parigi venne firmato il trattato di pace tra l’Italia e le potenze vincitrici del secondo conflitto mondiale. In conseguenza degli articoli 3 e 4 del trattato, si definì solo parzialmente la linea di confine: il 15 novembre dello stesso anno Gorizia e parte del Friuli furono definitivamente assegnati all’Italia, mentre quasi tutta l’Istria con Fiume e Pola alla Jugoslavia. Ma per le zone più contese fu necessario prevedere altri due articoli (21 e 22) con i quali si costituiva il Territorio Libero di Trieste (TLT), una sorta di città stato indipendente, demilitarizzata e neutrale, con un Governatore e altri organi collegiali su cui l’ONU avrebbe comunque mantenuto poteri di controllo tramite il Consiglio di Sicurezza.

Il TLT comprendeva nei suoi confini la città di Trieste (come capitale), a nord il litorale fino al Timavo e a sud parte dell’Istria occidentale fino al fiume Quieto con una popolazione di circa 375.000 abitanti (di cui quasi 300.000 italiani e il resto sloveni e croati). Al suo interno esso era diviso in due zone: la Zona A (amministrata dal Governo militare alleato, AMG-FTT, Allied Military GovernmentFree Territory of Trieste) di 222,5 km² e circa 310.000 abitanti, partiva da San Giovanni di Duino, comprendeva la città di Trieste e terminava presso Muggia; la Zona B (con capoluogo Capodistria) comprendeva la parte nord-occidentale dell’Istria, di 515,5 km² e circa 68.000 abitanti, amministrata dall’esercito jugoslavo (VUJA-STT Vojna Uprava Jugoslavenske ArmijeSlobodni Teritorij Trsta); la Zona B era, a propria volta, divisa in due parti: i distretti di Capodistria e di Buie, separati dal torrente Dragogna, che segnava il confine tra le repubbliche jugoslave di Croazia e Slovenia.

La mancata entrata in vigore dello statuto permanente e la mancata accettazione dei nominativi proposti dall’ONU a causa dei continui veti incrociati da parte degli anglo-americani e dei sovietici per la carica di governatore e per gli altri organi di governo del TLT, determinarono che esso fosse sempre soggetto ad un governo provvisorio militare e in pratica mai funzionò come un vero Stato indipendente.

Questa situazione di stallo durò fino al 5 ottobre 1954, quando venne firmato a Londra un memorandum d’intesa in cui Italia e Jugoslavia si spartivano provvisoriamente il Territorio, con il passaggio della Zona A all’amministrazione civile italiana e della Zona B a quella jugoslava, decidendo una leggera modifica della linea di confine a favore della Jugoslavia. Il passaggio dei poteri dall’amministrazione alleata a quella italiana avvenne il 25 ottobre 1954 e il giorno dopo le truppe italiane poterono tornare in città, accolte trionfalmente dalla popolazione.

Il 9 novembre 1956 fu finalmente concessa a Trieste la medaglia d’oro al valor militare per le lunghe sofferenze patite dalla popolazione durante e dopo la guerra, ma anche come “contro i trattati che la volevano staccata dalla Madrepatria nelle drammatiche vicende di un lungo periodo di incertezze e di coercizioni con tenacia, con passione e con nuovi sacrifici di sangue ribadiva dinanzi al mondo il suo incrollabile diritto di essere italiana”.

Fu solo nel 1975, però, che con un nuovo trattato, firmato ad Osimo, si dava copertura giuridica allo status quo tra Italia e Jugoslavia e si confermarono i confini esistenti, già tracciati nel 1954. L’ordine del giorno dell’ONU per la nomina del Governatore del TLT venne quindi rimosso il 9 gennaio 1978, a seguito di esplicita richiesta dei rappresentanti italiano e jugoslavo.

Abbiamo brevemente seguito la drammatica storia di Trieste e della Venezia Giulia per circa sessant’anni: ora vogliamo ripercorrere questi stessi anni in modo particolare, attraverso i francobolli che hanno avuto corso in questi anni, testimoni dei continui cambiamenti politici che hanno interessato la zona.

Questi francobolli, in uso in pieno Ottocento nella Trieste asburgica, ci presentano l’immagine dell’imperatore Francesco Giuseppe e portano la valuta in kreuzer

Da sinistra a destra: francobollo austriaco con l’immagine del nuovo imperatore Carlo I, salito al trono il 30 dicembre 1916: dopo la vittoria italiana fu soprastampato con dicitura Regno d’Italia – Venezia Giulia 3 XI 18 e riporta ancora il valore in heller (che dal 1892 sostituirono i kreuzer). Uno dei primi francobolli italiani emessi per Trieste e Venezia Giulia nel febbraio 1919, ancora riportanti il valore in heller (presto sostituiti da centesimi e lire). Finalmente il 5 giugno 1921 arrivano i francobolli italiani e la prima serie viene emessa proprio per celebrare l’annessione di Trieste all’Italia: in essa è riportato il sigillo impiegato dalla Repubblica di Trieste nel Medioevo. Uno dei francobolli (in realtà mai emessi) destinati alla nazista Alpenvorland Adria (aprile 1945), raffigurante la cattedrale di San Giusto (simbolo di Trieste), con valore in lire. Infine, francobollo italiano con sovrastampa TRST e stella rossa emesso durante l’occupazione jugoslava di Trieste a maggio 1945.

Francobolli emessi dal governo alleato nella zona A tra il 1945 e il 1946 (valuta in lire)

Da sinistra: uno dei francobolli della prima serie bilingue emessa dall’amministrazione jugoslava nell’agosto 1945 per la zona B (valuta in lire); francobollo per la zona B non emesso raffigurante la cattedrale di San Giusto (1946), che manifestava molto chiaramente le mire slave sulla città; nuova serie emessa dall’amministrazione jugoslava nell’agosto 1947 per la zona B (ancora in lire, ma il bilinguismo ormai non compare più)

Esempi di francobolli emessi nella zone A del TLT tra il 1947 e il 1954 (sinistra e centro); a destra per la zona B (valuta in dinari)

A sinistra, foglietto sloveno del 2004, commemorante il patto di Londra e raffigurante le due zone del TLT; al centro, manifesto del 1945 con partigiano e motto Tujega nocemo/svojega ne damo (“L’altrui non vogliamo, il nostro non diamo”): sono raffigurate le città di Lubiana, Gorizia e Trieste rivendicate dagli jugoslavi. A destra, cartina riportante i confini del TLT (1947-54)